Cosa faccio

Mi pongo delle domande.
Maggiore è il numero di persone a cui si arriva, maggiori contenuti si diffondono,  maggiore è il merito/guadagno?
E’ sempre bene contabilizzare le orecchie che ascoltano come sfere di un pallottoliere?
Questo può essere cruciale divulgando informazione, ma per tutto il resto?
Tutti devono sentire tutto nello stesso modo e momento? L’equazione ‘sapere = potere’ è universalmente valida? O anche solo sufficiente a rispondere a ogni bisogno?

Qualcosa, inevitabilmente, si perde. Qualcosa di remoto, intimo. Mi accorgo di questa perdita e provo a rispondere alla domanda.

Avere qualcuno che ci si siede accanto, ci chiede che storia desideriamo ascoltare, la legge o racconta, sentendo e seguendo le nostre reazioni, riporta all’infanzia, a un momento prezioso in cui ci si dedicava esclusivamente a noi.

Altre domande.
Mi sono chiesta, sviluppando il mio lavoro, in che modo recuperare questa esperienza e proporla agli spettatori.
Ne è scaturito, negli ultimi dieci anni,  un percorso eterogeneo per tecniche e contenuti, ma estremamente coerente per quanto riguarda il fil rouge che lega tutte le esperienze: il recupero di una rapporto personale con lo spettatore, di una relazione intima e privilegiata, guidata dalla scelta e dalla condivisione.

Come autrice/attrice costruisco percorsi e propongo cataloghi, di micro-spettacoli come di brani letterari, frutto della rielaborazione personale di materiale esistente.
Allo spettatore il compito di operare una scelta, di privilegiare un ulteriore punto di vista, per comporre lo spettacolo.
Dall’intreccio di due volontà nasce la performance, ogni volta diversa, perché tali sono i protagonisti.

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